
Tra i documentaristi più brillanti, originali e significativi degli anni 2000, abbiamo certamente il nostro Gianfranco Rosi, autore tra gli altri del lacerante e destabilizzante SICARIO ROOM 164, una lenta d’ingrandimento sugli orrori dei cartelli messicani. Rosi, solo qualche anno prima, mise sotto i riflettori una strana e anomala comunità di homeless che viveva lontano dai riflettori delle grandi città. Un controverso gruppo di eremiti che hanno trovato nel deserto californiano un luogo dove isolarsi e cercare di sopravvivere secondo le loro filosofie di vita, spesso figlie di un passato oscuro e per nulla facile. Nello specifico il titolo, anche sinistramente metaforico, è relativo al luogo dove sono, nei pressi di una vecchia base militare abbandonata situata sotto il livello del mare.
L’opera, di quasi due ore, si può benissimo suddividere in due parti. La prima dove seguiamo in maniera confusa i diversi protagonisti. Un travestito, un ex insegnante, una donna dal passato misterioso, un ex dottore e un fanatico delle armi. Tutto appare senza senso e illogico nelle scelte di vita, dove niente sembra significativo ma dove tutto sembra qualcosa di fondamentale per vivere e sopravvivere. Tra sogni, illusioni e farneticazioni insulse, Rosi riesce a mettere in chiaro la superficie rovinosa e lontana dai limiti imposti dalla società della vita quotidiana di chi vive nelle legalità, lavora e soprattutto affronta le mille difficoltà della vita. Proprio queste entreranno a gamba tesa nella seconda parte, quando scopriremo le vite passate degli homeless, spesso costretti a scarnificare la loro anima dopo eventi tragici e drammatici come la perdita di un figlio, divorzi o allontanamenti imposti o inevitabili dalle loro famiglie. Per assurdo anche la convivenza tra loro mostrerà delle crepe insanabili, che entrano in conflitto distruttivo con le loro personalità troppo immerse nell’orgoglio e nella testardaggine umana difficile da scalfire. Pur sembrando distante nella narrazione, Rosi sembra sapere quando affondare il colpo nel cuore dello spettatore, mettendo a nudo l’anima di queste persone così fragili e incapaci di integrarsi nuovamente in un mondo che non appartiene più alla loro visione della vita. A rendere più cupo il tutto una strana visione della morte, che aleggia perennemente minacciosa sulle loro teste e che sembra, come per tutti inevitabili, anche una confine di salvezza e futura liberazione. Un documentario reale e senza troppo virtuosismi, destinato ad amare riflessioni sulla vita delle persone ai margini. Una visione che permette di scrutare le anime di persone che rappresentano, negli USA e non solo, un numero sempre più crescente e, purtroppo, dall’età sempre più giovane. Imperdibile! VALUTAZIONE 4/5
H.E.
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