COMBAT OBSCURA (2018) di Miles Lagoze

“Penso che questi ragazzi siano sempre lì a passare il tempo. Non penso che siano cattivi … ma quando li uccidiamo, vediamo gli stessi tizi con gli stessi vestiti, quindi … chi lo sa?””
In una guerra lunga quasi 20 anni e che ha lasciato sul campo migliaia di morti, un giovane marine, nel 2010, appena diciottenne e incaricato di riprese dei combattimenti da parte dell’esercito americano, finì negli anni successivi per montare, assemblare e creare un documentario in presa diretta, senza filtro e senza censura.
Il titolo, COMBAT OBSCURA, ben sintetizza questa strana, irreale e assurda guerra ai confini del mondo, messa a nudo attraverso filmati reali alla luce del sole, che mostrano, nonostante il tentativo di vietare la diffusione da parte dell’esercito a stelle e strisce, un mondo lontano dagli occhi dell’opinione pubblica e dei mass media tradizionali.
Un’immersione fin troppo reale nelle linee di ‘difesa’ USA, con interviste macchinose a cecchini, scontri a fuoco e difficili rapporti tra i locali afgani e i marines, spesso costretti a diventare, loro per prima e inconsapevolmente, carne da macello senza saperne il motivo. Una guerra di nervi annebbiata dalla costante dell’hashish, una droga, usata pesantemente dai marines, presente in quantità industriale, in quanto risorsa illimitata, nei vari villaggi afgani ispezionati.
Le confessioni ingenue e oneste dei giovani marines, servono ad attutire il colpo dalle sequenze estreme visionate, con bambini in fin di vita, mani mozzate (scansionate successivamente per scoprire se il cadavere è di un terrorista), corpi mutilati e soldati uccisi in conflitti a fuoco confusi e improvvisati.
A sorprendere la disumanizzazione degli uomini in entrambi i fronti, trascinati in un mondo mai privo di paura, bensì consapevole quanto la morte rischi di abbracciare la loro vita in ogni istante. Vedasi i bambini afgani, che fumano hashish giocando, in maniera irreale, con granate e mine.
Un’opera cruda e amara (anche più del tosto e similare documentario ARMADILLO di Janus Metz Pedersen), in grado di scatenare mille domande sul ‘perché’ di questa terribile macchinazione senza sosta chiamata guerra, destinata, questa sì, a non morire mai. Da visione obbligatoria! VALUTAZIONE 4/5

H.E

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