CUTTERHEAD (2019) di Rasmus Kloster Bro





Dalla Danimarca ecco un thriller ansiogeno, carente di ossigeno, ambientato nel sottosuolo e che prende le distanze da quelli irreali d’oltre oceano con protagonisti eroi super palestrati e fenomeni da baraccone.
Rie, una coordinatrice delle pubbliche relazioni, va sottoterra, in un contesto esclusivamente maschile, per intervistare uomini impiegati a scavare gallerie. Dopo un incidente, rimane imprigionata in una camera d’equilibrio insieme ad un operaio esperto e uno più giovane. Ridotti ad uno stato animalesco, i tre avranno in mente una sola preoccupazione: la sopravvivenza …. ad ogni costo!
Cinema quanto più possibile realistico, che cerca di mostrare in maniera cruda e senza fornzoli inutili quanto le buone maniere siano destinate a farsi fottere proprio allorché delle persone siano costrette a condividere contro la propria volontà uno spazio viatle minuscolo, ‘alieno’ e vicinissimo all’inferno. Saranno proprio le situazioni che si verranno a creare, in questa scatola chiusa, a portare i tre protagonisti a gesti estremi, beceri ed impensabili nelle comoda e sicura quotidianità della superficie. Per nulla velata l’analisi multietnica dell’Europa odierna, dove persone di diverse nazionalità e cultura finiranno per trovare un accordo comune, almeno secondo quanto mostrato nei primi minuti, di condivisione di un contesto lavorativo estremo e sempre al limite. Una danese, madre di una figlia, un croato (che parla anche italiano) e un eritreo, rappresenteranno un micro mondo diverso e accomunato dalla paura della morte e della solitudine, quando il contesto nel quale sono costretti a sopravvivere, dopo un incidente improvviso, finirà per trascinarli nel profondo delle profondità della terra prima e nell’oscurità più egoista della propria anima. La prima parte della pellicola appare fondamentale per descrivere il difficile e pericoloso contesto lavorativo, afferente l’opera di scavo nel sottosuolo, mentre la seconda e centrale è sicuramente quella più riuscita, originale e sorprendente, capace di mostrare situazioni imprevedibili e alquanto scioccanti. Peccato che l’ultima e terza parte perda mordente (nonostanete il cambio improvviso di ambientazione) e finisca per scivolare lentamente verso un finale troppo bonario, sebbene non privo di amare riflessioni.
CUTTERHEAD è un dramma di sopravvivenza riuscito solo parzialmente. Originale nel mostrare un ambiente destinato a pochi e trasformatosi all’improvviso in un contesto dell’orrore, però poco incisivo, come anticipato in precedenza, negli ultimi venti minuti, dove risulta anche poco costante nel mantenimento di quella tensione accumulata nella parte centrale. Questa infatti risulterà assai accattivante, in quanto forte di un cambio di direzione improvviso della personalità fortemente egoista di uno dei tre protagonisti, senza tralasciare l’analisi personale di ognuno di loro sui propri limiti e sulla propria vita costruita su affetti familiari ma anche su tante banalità. Se soffrite di claustrofobia …. questo è il film giusto per voi! VALUTAZIONE 2,5/5

H.E.