“La talpa è un animale che scava gallerie sottoterra cercando il sole. A volte la strada lo porta in superficie. Quando vede il sole, rimane accecato “
Questa è la breve e inusuale introduzione di stampo documentaristico del secondo lungometraggio del regista figlio del mondo (nato in Cile, di origini ebraico-ucraine e trasferitosi in Francia da ragazzo e attivo artisticamente perlopiù in Messico) Alejandro Jodorowsky, sintetizza incredibilmente buona parte della pellicola, associando se stesso, il protagonista omonimo del titolo (El topo in spagnolo significa la talpa) è interpretato dal regista, proprio la figura metaforica dell’animale sopra indicato.
Messico, fine ‘800. Un misterioso cavaliere accompagnato dal figlio ancora bambino, si imbatte in un massacro ad opera di un misterioso e sconosciuto culto. El topo, dopo aver lasciato il figlio in custodia di un gruppo di monaci francescani, incontra una donna, dopo averla liberata, che lo esorta ad affrontare e uccidere i quattro grandi maestri. Inizia così per El Topo una lunga avventura non priva di insidie e incontri bizzarri, che lo porterà al tempo stesso a scavare anche dentro la sua anima …
Pellicola figlia di un sole artistico composto da raggi infiniti, che spaziano dal cinema all’arte, dall’esoterismo alla cronaca nera, fino alla cultura di confine e non convenzionale. Proprio l’unione con altri artisti emergenti degli anni ’50 e ’60, lo porterà in quel di Parigi a creare, assieme tra gli altri con Fernando Arrabal (I WILL WALK LIKE A CRAZY HORSE), il gruppo e movimento teatrale ‘Panico’.
Se in superficie l’opera appare come uno spaghetti western all’italiana, genere ancora in voga all’epoca, in profondità risulta essere un’opera d’arte multiforme, lisergica e impazzita, caratterizzata sempre da un’estetica che unisce in un colpo solo l’epica greca, il cinema di Federico Fellini (SATYRICON in particolare), quello più weird di Luis Buñuel e Tod Browning, senza dimenticare i mondo movie italiani MONDO CANE e AFRICA ADDIO, opere seminali per tutto il cinema di rottura e provocazione di fine anni ’60 e primi anni ’70. Jodorowsky però vuole mettere in scena la sua visione di umanità, attraverso anche eccessi disumani (gore, sangue, torture e scene shock sono sparati in quantità industriale), proprio per mostrare quanto la discesa negli inferi primordiali sia necessaria e fondamentale per una nuova visione della vita, spirituale e ultraterrena, spoglia di concetti assimilati e barriere imposte da secoli attraverso imposizioni sociali e religiose. Come anticipato sopra, l’estremo di questo film apre nuovi orizzonti narrativi, anticipando di qualche anno visioni horror estreme che troveranno ampio spazio nelle pellicole horror slasher e torture degli anni ’70. Tra roulette russe micidiali (con bambini), massacri di disabili e mutilati, laghi di sangue, suicidi efferati, mutilazioni e torture infami, il politicamente scorretto è piacevolmente di casa, spingendo lo spettatore in territori, per l’epoca, sicuramente inesplorati o quasi (solo alcuni film nipponici avevano osato tanto prima di allora), grazie anche e soprattutto ad un’estetica incredibilmente curata, elegante e raffinata, in perfetta contrapposizione con i contenuti scioccanti mostrati. Sarà la storia successiva del regista, che lo porterà anche verso altri e importanti territori artistici e mistici, oltre a cadute rovinose, che finirà per alimentare nel tempo ancora di più il culto per la sua incredibile e surreale figura.
EL TOPO rimane ancora oggi, assieme a LA MONTAGNA SACRA e SANTA SANGRE, l’apice cinematografico della sua lunghissima carriera di regista (che spazia lungo sette decenni), in grado di mettere un sigillo eterno e fondamentale per tutto quel cinema grottesco, bizzarro e in generale sintetizzato oramai da tempo con il termine ‘weird’. Cult indiscusso e senza tempo!! VALUTAZIONE 4,5/5
H.E.
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