FAMILIA (2024) di Francesco Costabile

In epoca recente i ‘disturbing dramas’ in Italia sono merce rara. Se escludiamo alcune eccezioni estreme e rilevanti come i film dei fratelli D’Innocenzo (LA TERRA DELL’ABBASTANZA, FAVOLACCE, AMERICA LATINA), DOGMAN dell’affermato Matteo Garrone e SULLA MIA PELLE di Alessio Cremonini, è un sottogenere del cinema drammatico che fatica ancora ad emergere su larga scale nel nostro belpaese. Francesco Costabile prova ad emergere con il sottogenere succitato, forte della discreta opera prima UNA FEMMINA, realizzando un’altra pellicola ispirata ad una storia vera (lo spunto è l’autobiografia NON SARA’ SEMPRE COSI’ di Luigi Celeste), puntando ancora di più sul dramma a tinte forti, ruvide e inquietanti.
Luigi, vive con la madre e il fratello minore da quando il violento padre Franco è finito in carcere 10 anni prima. Luigi, ormai ventenne e pieno di rabbia, si unisce a un gruppo di estrema destra in cerca di appartenenza e della famiglia che ha sempre faticato ad avere. Quando il padre ritorna, i fragili equilibri famigliari finiranno per spezzarsi e non ricomporsi più, attraverso una nuova discesa rovinosa verso la violenza domestica e dove i ricordi di un’infanzia infelice riaffiorano impietosamente ….
Una pellicola forte sin da subito con un evidente richiamo del titolo, FAMILIA, ovvero le radici latine dell’attuale famiglia, che ricordano la stessa anche sotto altri punti di vista, ovvero della malsana imposizione del padre di sottomissione e schiavitù nei confronti del suo ruolo di capofamiglia. Una famiglia disfunzionale raccontata spesso con flashback e ricordi offuscati e nebulosi, che mostrano quanto i rapporti tossici possono radicarsi, al cospetto di un regime patriarcale aggressivo e violento, senza freni all’interno delle segrete stanze delle mura domestiche, in questo caso di periferia, e che lotta faticosamente per sopravvivere.
La pellicola, basata su un soggetto fortissimo e duro da digerire, nella prima parte fatica a decollare, complice alcuni dialoghi spesso incomprensibili e una forzatura nella sceneggiatura afferente la componente politica. Nella seconda parte, con il ritorno definitivo del padre in casa, il film riesce per fortuna a percorrere i binari più consoni ad una storia drammatica pregna di violenza, fisica ma soprattutto psicologica. Di un figlio che rischia di essere lo specchio del padre, mentre la madre (una bravissima Barbara Ronchi), finirà per diventare anche lei una figura centrale nella storia e nel debole focolare domestico, sottomessa e armata di amore, infinito e incondizionato per i figli e speranzoso di cambiamento per quanto concerne il marito Franco. Un vortice dove l’unica via di uscita appare essere quella sporca di sangue e feroce violenza urbana, che caratterizza le fondamenta marce di un nucleo familiare segnato per sempre. Grazie ad un’ottima chiusura, dove i titoli di coda daranno ancora più struttura a quanto visionato, FAMILIA è senza dubbio un’opera interessante, non priva di difetti ma che riesce a mettere in luce l’anima nera e sofferente dei suoi protagonisti, finendo per essere un monito su quanto incidono passato, infanzia e condizioni dello stesso clan di sangue. Niente male!! VALUTAZIONE 3,5/5

H.E.

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