FRÈWAKA (2025) di Aislinn Clarke

Se c’è un sottogenere horror sempre più presente, radicato e trasversale, anche dal punto di vista geografico, è sicuramente il folk-horror. Aislinn Clarke attinge a piene mani da questo genere per diverse ragioni, personali e culturali innanzitutto ma anche perché, come si evince dal titolo (un nome che richiama il termine irlandese ‘fréamhacha’ che indica radici sotto diversi aspetti, anche storici), vuole raccontare attraverso una horror drama, con una fortissima componente psicologica, aspetti oscuri del passato irlandese. Questi sono principalmente legati ai vecchi manicomi e alla connessione spesso sinistra tra religione e culto pagano, due facce della stessa medaglia, macchiate entrambe anche di sangue e non solo di gloria e tradizioni secolari enfatizzate e glorificate ancora oggi.
Irlanda. 1973. in un remoto villaggio una novella sposa viene rapita il giorno del suo matrimonio. Decenni dopo in un altro paese irlandese una donna si toglie la vita. Due eventi lontani ma intrecciati da un sinistro filo comune, che porterà anni dopo la giovane Shoo, una studentessa di medicina e afflitta da traumi del passato, a prendersi cura di una donna anziana, vittima di ictus, convinta che delle misteriose entità, i Na Sídhe, stiano arrivando per prendere nuovamente la sua anima …
Girato e recitato perlopiù in irlandese, FRÈWAKA, miscela sapientemente tutti i ben noti stilemi del genere sopra citato, spingendo forte su legami famigliari ruvidi e visioni sacrificali in bilico tra sogno e orrida realtà. Caratterizzato da citazioni di opere ben note agli appassionati di questo genere, come THE WICKER MAN e KILL LIST, il film predilige una visione degli eventi perlopiù al femminile, sotto diversi aspetti (la ragazza di Shoo è una giovane donna ucraina incinta), che mirano ad inevitabili rituali destinati a sacrifici cruenti e inevitabili alla MIDSOMMAR.

La confusione in alcune parti, pur risultando eccessiva e snervante, riesce a svanire e trovare il giusto equilibrio nella parte finale, dove la componente più mistica e demoniaca prende il sopravvento e diventa dominante. In conclusione nulla di originale, anche se confezionato e costruito a regola d’arte (con costumi e maschere inquietanti al punto giusto) e con ottime performance delle protagoniste, principali e secondarie, brave ad evidenziare traumi generazionali destinati a ripetersi tragicamente in un ciclo famigliare impossibile da spezzare. Da vedere!! VALUTAZIONE 3.5/5

H.E.

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