LE CONSEGUENZE DELL’AMORE (2004) di Paolo Sorrentino

Tra le opere di Paolo Sorrentino quella più vicina all’estremo, rimane ancora oggi, almeno per chi scrive, la sua opera migliore e convincente: LE CONSEGUENZE DELL’AMORE. Una pellicola in grado di unire il grande cinema italiano noir del passato (MILANO CALIBRO 9 è citato più volte) a quello contemporaneo di taglio internazionale, in particolare quello statunitense.
Titta di Girolamo ha apparentemente una vita normale e noiosa. Vive da otto anni in un albergo in Svizzera, trascorrendo le sue giornate in attesa di qualcosa che non è dato sapere. La sua vita segue una routine piatta e banale. Titta ignora tutti e sembra non provare emozioni. Un giorno però decide, infrangendo tutte le sue regole personali, di scambiare due parole con Sofia, la bella e giovane barista dell’albergo. Questo effetto farfalla cambierà per sempre il mondo di Titta, scoperchiando un vaso di pandora dove amore, morte, mafia, tossicodipendenza ed emozioni sopite nel tempo finiranno, soprattutto con al centro un furto milionario, per intrecciarsi pericolosamente tra loro …
Chi soffre per qualcosa, cercherà con insistenza di evitarla, per non scivolare rovinosamente dentro ancora una volta. Che si tratti di lutto famigliare, tossicodipendenza, alcolismo o amore, poco importa. Quest’ultimo però porta con sé un imprevedibile, come riassume brillantemente il titolo, conseguenza da non sottovalutare mai. Se tecnicamente Sorrentino è inattaccabile, il suo cinema successivo a questo film premia l’estetica a favore del contenuto, o meglio questo è schiavo di essa. Con questo film siamo all’opposto, in quanto il soggetto della storia, un sensazionale Toni Servillo nei panni di Titta Di Girolamo, è fulcro e anima di visioni umane spesso silenti e nascoste nei sotterranei oscuri della mente, quelli dove sono custoditi, gelosamente o per paura, i segreti più inconfessabili. Il rebus legato al misterioso protagonista, lungo un percorso narrativo elegante e al tempo stesso cinico, sarà svelato nel corso della prima parte. La seconda, più crime e noir e meno nebulosa, metterà in luce tutte le debolezze del protagonista, come i ricordi ossessivi di un passato non troppo lontano ma sicuramente distante sentimentalmente, destinato però a riaffiorare ogni volta che la sua dipendenza estrema, con cadenza settimanale, farà, come un orologio svizzero, capolino nella sua asettica stanza d’albergo. Il completamento del puzzle, articolato ma non complicato, troverà finalmente una duplice luce nel finale, di taglio crime mafioso da una parte, e di una visione affettiva ed emotiva dall’altra, dove amore, affetto e invidia (per chi sarà beneficiario del malloppo oggetto della contesa) chiuderanno il cerchio della storia in maniera tombale e definitiva.
A rendere tutto convincente, abbiamo in aiuto anche una colonna sonora degna dei migliori film di Tarantino (JACKIE BROWN e RESERVOIR DOGS sono altre evidenti fonti d’ispirazione), in grado di sorprendere per stile (le musiche originali di Pasquale Catalano) e scelte di artisti e brani quanto mai calzanti ed efficaci (Lali Puna e Ornella Vanoni, solo per citarne un paio). Scene estreme poche ma buone, dove il meglio è lasciato proprio per il finale. Uno dei film italiani post duemila … da visione obbligatoria. VALUTAZIONE 4,5/5

H.E.

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