Australia. Tra il 1992 e il 1999 11 persone furono assassinate dai famigerati serial killer John Justin Bunting e Robert Joe Wagner, con otto corpi trovati nel caveau di una banca a Snowtown, un piccolo paesino vicino ad Adelaide, nel maggio 1999. Questi ‘bodies-in-the-barrels’ finirono per trovare spazio cinematografico nel lungometraggio d’esordio di Justin Kurzel, regista a suo agio in storie torbide e criminali, ved. NITRAM, e in dramma infami a tinte fortissime. SNOWTOWN (noto anche con THE SNOWTOWN MURDERS) è sicuramente uno di quei film che meglio racchiude e sintetizza la definizione di ‘disturbing dramas’ come categoria cinematografica, in quanto in bilico perfetto tra dramma, per quanto concerne tematiche delicate e psicologicamente devastanti, e horror estremo, dove violenza becera, sangue e torture si presentano allo spettatore come un un vero, e purtroppo reale, inferno sulla terra.
In un sobborgo di Adelaide seguiamo le tristi vicende di Jamie, dei suoi due fratelli minori e di sua madre single. In questo posto sperduto caratterizzato da degrado e disoccupazione, trovano facilmente spazio abusi, pedofili e disagio senza fine. Tutto cambia quando John Bunting irrompe, come nuovo compagno della madre, nella loro vita. John è carismatico, emozionante e Jamie trova nella sua figura il padre che non ha mai conosciuto. Totalmente sotto il suo incantesimo, ci vorrà tempo a Jamie per capire che il suo mentore nasconde, assieme ad un suo fedele amico, un segreto estremo e violento …
Caratterizzato da una fotografia sporca, sgranata e con ritmi blandi ma feroci allo stesso tempo, SNOWTOWN è un film che sin dai primi minuti, con una scena di pedofilia assai disturbante, ti afferra per la gola e non ti molla fino alla fine, grazie anche ad un tema musicale ossessivo impossibile da dimenticare a fine visione. Complice ovviamente una perfetta rappresentazione di questo sobborgo periferico australiano privo di speranza. Questa depressione latente viene rappresentata e scombussolata in maniera primitiva ed energica da un uomo che ribalta completamente l’idea cinematografica del serial killer, in quanto non appare né disadattato stile ANGST e nemmeno come un superuomo alla Hannibal Lecter ma bensì con pancetta e l’aspetto inizialmente bonario. John (un grandissimo Daniel Henshall), riesce a catturare facilmente la fiducia della persone, tenendo a freno gli impulsi omicidi in maniera lucida ed esplodendo la propria ferocia solo quando ritiene necessario. Le sue prede sono per lui, come nella realtà sopra citata, pedofili, omosessuali e persone ritenute ‘sporche’ e ‘contro natura’. Nella prima parte Kurzel prepara il terreno per la seconda, dove la presa di potere da parte di John sui più deboli scala vette di malessere devastanti, mostrando quanto il diavolo può nascondersi facilmente e abilmente meglio in contesti familiari e sociali fragili e debilitati. Per quanto concerne la violenza, il film non si risparmia, mettendo in scena alcune delle sequenze più sadiche ed estreme del cinema australiano. Il finale catacombale, angosciante e claustrofobico sancisce in maniera superlativa la forza estrema di tutta la pellicola e dei suoi carnefici. Una delle opere più dure, scioccanti ed estreme del cinema australiano e … non solo!! VALUTAZIONE 4,5/5
H.E.
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