Il cinema western cambia sempre pelle, alcune volte in maniera dirompente, altre in maniera sorniona, senza frenesia e serpeggiando silenzioso in decenni lontano dall’epopea gloriosa del XIX secolo. Con il lungometraggio d’esordio del giovane regista americano Francis Galluppi (cresciuto sicuramente a pane, western italiano e cinema dei fratelli Coen e Tarantino) siamo al cospetto di qualcosa destinato a lasciare il segno, per questo genere che proprio non vuole saperne di morire. Merito di una sceneggiatura brillante, che sa graffiare e stupire quando serve, attingendo senza paura e a piene mani dai mostri sacri del cinema a stelle e strisce sopra citati, riuscendo a mutare senza cadere mai in cliché e banalità.
Anni ’70. Mentre attende il prossimo camion di carburante in un’area di sosta sperduta e polverosa in Arizona, un giovane venditore di coltelli si ritrova coinvolto in una situazione di sequestro di persona ad alto rischio quando arrivano due rapinatori di banche nella sua stessa situazione. Questi non si faranno scrupoli a usare la crudeltà per proteggere la loro fortuna insanguinata e illecita ….
Opera psicologica che lavora meticolosamente per completare un intricato puzzle di personaggi e situazioni controverse, proprio come il cruciverba onnipresente, simbolo cinico per quanto concerne almeno una sua bizzarra richiesta conclusiva. La costruzione perfetta e semplice allo stesso tempo dei numerosi personaggi presenti, dove tutti, nessuno escluso, sono armati, come da consuetudine di ogni buon americano dell’Arizona che si rispetti. Questo, e non solo, permette di alimentare la tensione all’improvviso e senza forzature, cogliendo di sorpresa amara anche lo spettatore più avvezzo al crime più estremo. Un gioco assurdo figlio di un destino crudele, quasi quanto quello vissuto dagli indimenticabili criminali pasticcioni del celebre FARGO (non l’unico film citato, da segnalare anche BADLANDS, nominato almeno un paio di volte). Al contrario di quella pellicola, l’ironia grottesca non attecchisce quasi mai in THE LAST STOP IN YUMA COUNTY, usata solo come contorno ai limiti della sterilità per presentare al meglio almeno un paio dei clienti di un’area di sosta essenziale nel deserto e destinata ad essere maledetta. A vincere e perdere allo stesso tempo, sarà la fame insaziabile per il dio denaro, causa di tanti, se non tutti, i mali tentatori della vita di frontiera.
Con un finale amaro e pessimista ai massimi livelli, al punto che sembra risuonare nella mente come una poesia di Eugenio Montale, dove aridità dell’esistenza umana e del male di vivere non lasciano mai scampo a chi rincorre inutilmente miraggi di illusoria felicità.
In conclusione THE LAST STOP IN YUMA COUNTY, per struttura narrativa e suspense dosata a meraviglia, è, senza dubbio, una delle più gradite sorprese estreme partorite in epoca recente dal cinema USA. Vedere per credere!! VALUTAZIONE 4/5
H.E.
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