
L’acclamato regista e documentarista cinese Wang Bing, dopo aver mostrato e raccontato microcosmi sociali afferenti province e famiglie della Cina più profonda e meno nota, ci trascina in un istituto psichiatrico cinese chiuso e recintato ma con una sinistra illusione di libertà, in quanto confinato in vari piani di un grosso condominio con un cortile al centro. Una piccola galassia disumana senza uscita, dove sono rinchiusi una cinquantina di quelli definiti in maniera sintetica e ignorante nel secolo scorso ‘matti’, in particolar modo persone con disabilità mentali, problemi psichiatrici e comportamentali destinati, dalla società cinese, ad essere rinchiusi in un contesto anomalo a metà strada tra uno zoo, in quanto ognuno dalla strada può affacciarsi con curiosità per vederli, e un girone dantesco infinito immerso nell’oblio eterno della dannazione. Un’opera che percorre binari ben noti al cinema documentaristico e relativo a manicomi e istituti psichiatrici di varia natura, come il celebre TITICUT FOLLIES di Frederick Wiseman, fino agli italiani 87 ORE di Costanza Quatriglio e SAN CLEMENTE di Raymond Depardon, senza dimenticare lo straziante, sempre ambientato in Cina, THE DYING ROOMS di Kate Blewett & Brian Woods. Wang Bing racconta il tutto attraverso un filtro volutamente sporco, distaccato e reazionario al tempo stesso, dove la denuncia è sussurrata e mai amplificata, lasciando ampio spazio ai suoi bizzarri e grotteschi personaggi, immersi in questo universo maleodorante e animalesco, dove feci, urine e cibo scadente finiranno per diventare una torbida abitudine di contorno dei protagonisti mostrati perlopiù senza filtri in tutta la loro simpatica follia poetica. Se escludiamo una piccola parentesi nella parte finale, l’opera, della titanica durata di quasi quattro ore, ci trascina sempre all’interno di queste anguste terrazze interne simili a prigioni a cielo aperto o, peggio ancora, ad allevamenti intensivi animali pronti al macello. Nessuna cura o supporto medico all’orizzonte, mentre tutto sembra appartenere, per i detenuti pazienti, ad un destino ineludibile, perverso e inquietante. Forte di un stile che ricorda vagamente quello di Ulrich Seidl, in bilico tra finzione e cruda realtà, Wang Bing permette di mostrare un mondo metafora anche di quello al di fuori del recinto descritto, dove piccole prevaricazioni, abusi quotidiani e abbandono catacombale al destino più beffardo, finiscono per avvolgere tante persone invisibili al mondo più frenetico e dinamico.
FOLLIA E AMORE (titolo italiano) è un’opera unica nel suo genere, per stile, visione sospesa, analisi lucida della libertà e regia attenta alle piccole crepe senza uscita, quelle create dalla mente umana in maniera spesso improvvisa e imprevedibile. Per gli amanti dei documentari esistenziali, di narrazione ad ampio respiro e senza censura, TIL MADNESS DO US PART è una visione essenziale e obbligatoria. Notevole!! VALUTAZIONE 4,5/5
H.E.
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