MIDSOMMAR – DIRECTOR’S CUT (2019) di Ari Aster



Una delle varianti più fastidiose e antipatiche del cinema è sempre stata quella afferente tagli di varia natura alla pellicola originale (dovuti a censura, produzione, distribuzione o montaggio). Peggio ancora quando una pellicola giunge in sala e dopo un paio di mesi spunta fuori la DIRECTOR’S CUT di venti minuti circa più estesa, corposa e ricca di dettagli e particolari. Per fortuna la distanza di visione dalle due versioni (147 min la prima e 171 la seconda), da parte di di scrive, è durata solo 24 ore, permettendo così di cogliere al meglio proprio quei frangenti poco chiari (a prima vista senza senso), che però trovano una logica e danno vita ad una nuova prospettiva al sensi di questo film, divenuto in brevissimo tempo un piccolo cult per tutti gli appassionati del cinema horror. <br>In attesa di eventuali edizioni ancora più estese, ecco di seguito, dopo questa breve introduzione, la recensione di MIDSOMMAR.
Ari Aster già nel ‘lontano’ 2011 si era ritagliato un piccolo spazio rilevante nel panorama estremo indipendente, con un medio metraggio oltraggioso, scioccante ma anche macabramente divertente: ‘The Strange Thing About the Johnsons’. Una storia incestuosa, mostrata e narrata da un nuovo punto di vista, destinata ad entrare nel cuore di tutti gli appassionati del cinema più perverso e politicamente scorretto. Al suo primo lungometraggio, l’horror HEREDITARY, Aster cambia registro, virando su terreni horror più convenzionali, di base sovrannaturale, riscuotendo un enorme successo di pubblico ed attirando le attenzioni di tutti per il suo nuovo lavoro. MIDSOMMAR per fortuna è un lavoro poco avvezzo al sovrannaturale ma più incline a terreni estremi che negli ultimi due decenni hanno lasciato il segno, con registi del calibro di Gaspar Noè e Philippe Grandrieux, tanto per citarne un paio che vengono immediatamente alla memoria, senza tralasciare un aspetto weird e malsano (presente nel medio metraggio sopra citato) che riporterà, ne finale di questa pellicola, ai più attenti del panorama estremo alla memoria perfino il folle TUSK di Kevin Smith.
La trama iniziale è di per sé semplice. Dani, una ragazza reduce da un terribile lutto familiare (la sorella bipolare prima di suicidarsi uccide entrambi i genitori) e dopo un conflitto sentimentale con il fidanzato mai chiarito (un mollusco senza spina dorsale), accetta l’invito dei quest’ultimo e dei suoi amici, di andare con loro in Svezia, per una specie di vacanza studio. Uno dei loro amici, Pelle, di origini svedesi, infatti li aveva invitati da tempo a seguirli nella comune in cui è cresciuto, la quale è in procinto di dare inizio, seguendo fedelmente dei propri riti pagani secolari, l’inizio dell’estate nel paese Scandinavo. Una volta giunti ad Harga, questo il nome della comune, immersa nel cuore della foresta, Dani, ed il resto della comitiva di ‘esterni’ alla comune, avverte quasi subito che questo luogo va ben oltre le paradisiache apparenze intente a ricostruisce pacificamente ed in maniera innocua innocui riti pagani secolari, legati alla fertilità ed al cambio generazionale. Grazie anche (e soprattutto) all’uso di sostane lisergiche, Dani inizia un particolare percorso di ricerca e verità degli avvenimenti sempre più tragici che la circondano, arrivando ad un punto obbligatorio di scelta che segnerà per sempre il suo destino: con loro, gli abitanti del villaggio, o contro di loro ……….
ATT.NE SPOILER
L’evoluzione della storia, dopo un’ora circa, prenderà corpo con un cambio di passo importante che immergerà completamente lo spettatore in un mondo candido e pulito, quasi perennemente illuminato (in quel periodo dell’anno in Svezia la notte dura solo poche ore), dove minuto dopo minuto assisteremo ad una serie di riti pagani sempre più sconvolgenti, a seguito di una linea della vita ben definita in varie stagioni, destinate a terminare definitivamente quando i propri membri della comune raggiungeranno l’età di 72 anni. Aster mette così in scena simbolismi e rituali estremi tipici della tradizione e cultura svedese vecchia di secoli, come l’aquila di sangue (scena memorabile) e sacrifici umani, fondamentali, come per rituali millenari di tutto il mondo (dai Maya alle tribù indigene della foresta amazzonica) per agevolare eventi climatici favorevoli, per scongiurare pestilenze o per agevolare la fertilità, fulcro fondamentale per la continuazione delle vita di una comunità. Saranno proprio il sacrifico e l’accoppiamento forzato a scatenare tutta la violenza presente ad Harga, celata sotto una patina di felicità e follia che servirà per decretare la regina di maggio, colei la quale designerà chi sarà costretto al sacrificio.
Questa, in sintesi forzata, la seconda parte, la quale però subisce un periodo di transito dalla prima in maniera offuscata, ambigua e che costringe lo spettatore a dubitare (merito di tantissimi indizi e visioni) se tutto quello visionato, dopo l’arrivo di Dani e dei suoi amici ad Hangar, sia avvenuto realmente, oppure frutto dell’immaginazione si Dani, stimolata in maniera violenta dagli eventi terribili avvenuti alla sua famiglia e dalla prima dose di stupefacente indefinito assimilato al suo arrivo nel villaggio dei dannati. Questo dubbio perenne, è riconducibile ad un passaggio fondamentale presente nella DIRECTION’S CUT e assente bella versione cinematografica, che coincide con il suo arrivo e avviene in un limbo tra sogno e realtà con la centro un insolito rito pagano che coinvolge una bambina della comune.
Sono numerosi gli eventi e momenti, offuscati da trip lisergici continui, a lasciare più dubbi che certezze su quanto accaduto, come quando all’improvviso Dani parli svedese o veda continuamente la sorella. Stimolazioni dovute all’uso di sostanze stupefacenti naturali (come avveniva per gli indiani d’America) che annebbiano la mente e che inducono una persona fragile (a seguito di un grave lutto) a sopperire alle proprie mancanze (compreso l’affetto del ‘partner’) con una realtà alternativa, anche violenta ma sicura di chiudere per sempre (con il sacrificio finale e la precedente incoronazione a regina di maggio) la porta negativa del passato, per un’evoluzione felice rivolta ad un prossimo futuro.
Dani è quindi bombardata in poche ore da una quantità esagerata di informazioni, la quale unita alla lucidità assente farà sì che tutto prenderà forma e valore secondo i propri bisogni interiori e primordiali. Un parallelismo perfetto proprio con la nascita e creazione di qualsiasi culto, pagano o meno, basato sin dagli albori sulla ricerca di rispondere alla morte, di distruggere la negatività e soprattutto quell’istinto di sopravvivenza del proprio nucleo e comunità destinato a confluire in riti propiziatori inerenti la fertilità (simboli fallici e di vagine sono sparsi ovunque)
La forza di questo film è senza dubbio la possibilità di avere e pensare, nel corso della visione, a molteplici interpretazioni. Non solo al finale ma anche nei momenti della storia più scioccanti, la quale permette più volte di dare significati diversi alle medesime azioni. FINE SPOILER
Quando sopra è probabilmente un delirio dovuto ad una massiccia e duplice visione (pur con poche ma incisive differenze) poco incisiva la prima volta ma estremamente coinvolgente la seconda, riuscendo a cogliere ed assimilare al meglio un lavoro importante come questo, reso ancora più grande da una serie di scene e sequenze horror estreme particolarmente efferate, che spaziano dal gore al torture, dal sesso grottesco (l’inseminazione nel cerchio magico merita un posto in prima fila nel cinema estremo attuale) a visioni lisergiche alla ENTER THE VOID.
Nonostante i numerosi elogi sopra elencati, alcune cose mi hanno fatto storcere il naso. Per esempio le atmosfere non perennemente opprimenti e molti personaggi fuori luogo, come il ragazzo deforme utilizzato per i ‘testi sacri, presentati solo per fare brodo buono nel pentolone dell’horror.
Per il resto il film è tecnicamente impeccabile, con la creazione stupefacente di una comune idilliaca e candida in apparenza (quasi quanto quella del TEMPIO DEL POPOLO di Jim Jones) ma marcia sotto la pelle, proprio come tutti i culti (e religioni) presenti nel mondo di ieri e di oggi. MIDSOMMAR è una bella ed energica novità nel panorama horror attuale e destinato al grande pubblico, forse troppo ricca (non è sempre un pregio) di dettagli per essere apprezzata dopo solo un paio di visioni. Sarà il tempo a dire se riuscirà ad entrare nel cerchio dei migliori film horror dell’attuale decennio (esempio THE VVITCH) e nel cuore degli appassionati del cinema più controverso e …. stimolante!! VALUTAZIONE 4,5/5

H.E.