In un periodo storico (seconda metà degli anni ’60) dove il filone ‘spaghetti western’ appariva ancora come una miniera d’oro inesauribile del cinema italiano (all’epoca ammirato e copiato in tutto il mondo), un maestro del cinema di genere a 360° come Antonio Margheriti (firmatosi, come da consuetudine per l’epoca con nome inglese, Anthony Dawson) tirava fuori dal cilindro un film decisamente innovativo e originale, pur mantenendo alcuni stilemi oramai classici del western all’italiana. Originale non certo per la trama ( un classico revenge figlio del dio denaro) bensì per una fusione singolare tra horror gotico e filone apocalittico (forse la prima volta in assoluto di questo anomalo connubi), destinato, per forza di cose, a divenire fonte inevitabile per ispirazioni future.Gary Hamilton, dopo aver scontato una pena di dieci anni per un crimine mai commesso, viene rilasciato grazie ad una nuova legge dello stato americano afferente gli ex militari nordisti. Gary torna al paese natio, desideroso di vendicarsi dell’uomo e la donna che lo tradirono dieci anni prima. Il suo ritorno coincide con il ritorno in città del figlio del suo nemico e soprattutto con l’arrivo in città di un tornado, destinato questo a facilitare la sua vendetta a base di piombo degli scagnozzi e del suo ex amico Acombar ….Klaus Kinski , dopo aver lavorato con registi del calibro di Corbucci e Leone (sempre in ruoli western da cattivo), questa volta si presenta come un giustiziere solitario poco avvezzo alla parola, tenebroso, spettrale e animato dal sacro fuoco della vendetta. Sacro come gli innumerevoli riferimenti biblici presenti nella pellicola sin dal titolo. Kinski, pur non rinunciato ai suoi celebri scontri nel set con il regista di turno (chiedere a Herzog per conferma), nel film si muove come un fantasma silenzioso e letale per quasi tutta pellicola, dal suo ingresso in città fino allo scontro finale, avvolto questo in uno gioco di specchi immersi nel fuoco in puro stile dantesco. Sarà un vero e proprio inferno in terra (e sottoterra come scoprirà un indiano del posto) per gli scagnozzi di Acombar, terrorizzati da Gary e rincuorati solo da dal whisky e dalla taglia sulla testa del vendicatore biondo. Ambientato quasi completamente in notturna, questo film sfiora più volte l’horror, con scontri al buio e scene inquietanti (quella della campana per esempio o le cupe sequenze nei sotterranei della città) che mantengono costante la tensione per tutta la durata della pellicola fino al finale spettacolare e liberatorio. E DIO DISSE A CAINO … rimane senza dubbio uno dei western italiani estremi più cupi e magistrali di sempre. Immortale!! VALUTAZIONE 4/5
H.E.
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