Secondo capitolo di un trilogia anomala dedicata all’ansia umana, ma non solo, iniziata con WHITE EPILEPSY (2012) e destinata a concludersi nel 2017 con UNREST. Sulla scia dei suoi acclamati e particolari lungometraggi (SOMBRE, LA VIE NOUVELLE, UN LAC,MALGRE’ LA NUIT), Grandrieux da maggiore sfogo alla sua visione sperimentale delle paure e ossessione umane, intraviste, sognate o immaginate, attraverso una feritoia (Meurtrière appunto), una specie particolare di terzo occhio umano che accomuna realtà e fantasia, l’una legata irrimediabilmente all’altra. Émilia Giudicelli, Vilma Pitrinaite Hélène Rocheteau e Francesca Ziviani, sono le quattro figure femminili, senza veli, visionate attraverso la consueta visione rettangolare (già presente nel succitato WHITE EPILEPSY), al rallentatore e tremendamente erotica, carnale e morbosa, ambientando il tutto in un luogo spazio temporale spaziale, spettrale e sinistramente fetale, posizionato in un angolo remoto della mente e dell’immaginazione umana. Movimenti sensuali al ritmo di un cuore ansiogeno, i sessanta minuto passano, nonostante la velocità frenata delle immagini mostrate, velocemente, merito di questo corpi femminili eccitanti che si aggrovigliano quasi a formare un’unica entità. Specchio forse dell’essere femminile che intravede questo limbo etereo sognato e mai realizzato nella realtà, o viceversa. Il cinema sperimentale è tutt’altro che defunto al giorno d’oggi, e proprio grazie all’artista e regista visionario Grandrieux, è destinato a stupire e scioccare nuovamente. Pur finendo per amare questo secondo capitolo della sopra citata trilogia, ed avendo amato il capitolo precedente ed ovviamente il successivo, continuo a preferire le opere che abbracciano parzialmente la cinematografia tradizionale ed i suoi lungometraggi, LA VIA NOUVELLE su tutti. VALUTAZIONE 8,5/10
H.E.