THE GHOUL (2017) di Gareth Tunley

Un dramma psicologico inglese piacevolmente contorto e con una varietà differenziabile bidimensionale non orientabile! No, non è una ‘supercazzola di mascettiana memoria’, ma la descrizione della bottiglia di Klein, una superficie priva di interno ed esterno, cuore pulsante e forza trainante di questo film simile ad un enorme puzzle, oltre ad esserne la chiave e soluzione finale o ….. iniziale. Chris è un poliziotto determinato a risolvere un misterioso duplice omicidio. Ha solo una possibilità per trovare l’assassino, fingersi depresso ed andare in cura da una psichiatra strettamente collegata a questo duplice omicidio. Con l’inizio della terapia Chris finirà per scivolare in un pericoloso mondo di sospetti che offuscheranno la sua concezione della realtà, finendo per bloccarlo mentalmente in uno spazio temporale privo di orientamento logico e pericoloso per la sua stabilità mentale ……….
Un’opera prima destinata a lasciare il segno, se non nella storia del cinema, sicuramente nella nostra mente. Non solo perché necessita di un’attenzione ai particolari superiore alla media dei film visionabili, ma come un enorme puzzle tridimensionale posiziona gli stessi oggetti in luoghi e loop temporali diversi, mischiando continuamente le carte in tavola e confondendo prima il protagonista e successivamente noi spettatori senza sosta alcuna. Il riferimento al leggendario demone citato nel titolo (e chiaramente nel film) ci trascinerà in un mondo pericoloso che mescolerà in maniera crescente e distruttiva irrazionalità, fantasia, magia, alchimia e depressione reale. Quali tra questi elementi prenderà il sopravvento lo scopriremo strada facendo, attraverso una continua alterazione delle abitudini e dei metodi quotidiani di Chris, riconducibili alla sua missione e determinati con prepotenza dalla chiave umana necessaria per entrare nella tana del bianconiglio, rappresentata dalla figura femminile di Kathleen, interpreta con classe da Alice Lowe, un’attrice amatissima dal popolo estremo e ritornata in forma invidiabile dopo le fatiche di PREVENGE. Un’opera straniante e continuamente in bilico tra ‘non sense’ e raziocinio forzato, figlia senza dubbio, come tantissime altre pellicole degli ultimi vent’anni, del gigantesco LOST HIGHWAY del maestro Lynch, e similare ad un altro valido film recente che abbina incroci temporali impossibili a paranoiche ossessioni, TILT di Kasra Farahani.
Un film tutt’altro che semplice, da vedere e gustare secondo dopo secondo e con la massima concentrazione possibile, senza sufficienza e armati di penna e foglio in mano per scrivere i molteplici indizi destinati a risolvere questo rebus spacca cervello. Un thriller/dramma psicologico, a tratti triste e malinconico, di qualità impressionante, per sceneggiatura e prova recitativa viscerale e sopra la media da parte del suo protagonista. Filmone! VALUTAZIONE 9/10

 

H.E.