ANGEL OF MINE (2019) di Kim Farrant

Questo nuovo film australiano, remake del francese ‘L’Empreinte de l’ange’ di Safy Nebbou, è un thriller ansiogeno di grande impatto emotivo dove l’amore infinito e senza limiti di una madre per la figlia defunta trascinerà la stessa in un pozzo senza fondo di follia ma anche di insperata quanto malsana speranza. 
Lizzie soffre di una grave forma di Disturbo da stress post-traumatico dopo la prematura morte della figlia in un incendio nell’ospedale subito dopo la nascita. La donna inizia a credere che la figlia di un famiglia benestante, il cui figlio è amico del suo, sia la figlia scomparsa. Dopo aver smesso di prendere i suoi farmaci, la donna precipita sempre più nella follia e a tutti i costi vuole riprendersi quella che crede la sua bambina defunta ….
Forte di un’interpretazione viscerale, potente e convincente dell’attrice svedese Noomi Rapace, memore di quella distruttiva da parte sua in DAISY DIAMOND del 2007, la quale non esista a mostrare un personaggio disturbato a 360 gradi. Tra paranoie continue, masturbazioni selvagge e momenti schizofrenici della sua giornata, la sua figura di madre devastata dal dolore finirà per risultare magnetica e determinante per mantenere su livelli esagerati la tensione nel corso della pellicola. Infatti sembra di trovarsi immersi in un thriller coreano di ultima generazione, dove colpi di scena affiancati a momenti estremi ne caratterizzeranno l’andamento frenetico senza scivolare mai nella banalità o nella prevedibilità. Sembra però, perché il colpo di scena scioccante, e punto di forza delle pellicola, viene anticipato troppo presto (quando mancano circa una quindicina di minuti alla fine) costringendo così a scemare la tensione in maniera eccessiva negli ultimi minuti e scivolando in un finale emotivamente forte ma poco estremo. Convincente anche l’interpretazione della sua controparte buona, interpretata dalla sempre bellissima attrice australiana Yvonne Strahovski nei panni della madre della bambina oggetto delle ossessioni di Lizzie. Con un finale più deciso questo thriller psicologico poteva diventare uno dei migliori di fine decennio. Tuttavia rimane un’opera solida e di spessore più che consigliata, dove il ruolo della madre, e soprattutto dell’amore per la sua prole, finirà per essere analizzato con ferocia abbracciando anche tematiche legate alla follia, alla maternità post traumatica ed al disturbo mentale. Da vedere! VALUTAZIONE 3,5/5

H.E.