DIRTY GOD (2019) di Sacha Polak

L’aggressione con acido, nota in tutto il mondo come ‘vitrolage’, rappresenta una delle forme di violenza più estreme, vili e vergognose dei nostri tempi, in quanto, oltre a sfigurare e mutilare la vittima in maniera irreversibile, i danni psicologici successivi all’attacco sono destinati a cambiare per sempre la vita futura di chi lo subisce.
Sacha Polak, regista olandese avvezza al dolore fisico e psicologico di portata estrema nelle sue opere (dal sorprendente ZURICH al documentario che tratta il suo cancro al seno), riesce a raccontare, con una pellicola per la prima volta nella sua carriera in lingua inglese, il dramma enorme e catastrofico di una donna deturpata in volto e nel fisico a seguito di un attacco con l’acido da parte del compagno e padre di sua figlia. <br>Jade è una giovane madre nel pieno della sua vita quando un attacco d’acido la lascia gravemente bruciata. Mentre la sua faccia è stata parzialmente ricostruita, la sua bellezza si perde sotto le cicatrici. Scendendo lungo un percorso autodistruttivo con rapporti che si sgretolano, Jade deve prendere provvedimenti drastici per reclamare la sua vita……
A rendere sorprendente e assai veritiero questo film è sicuramente la scelta della protagonista. Tale Vicky Knight, ragazza vittima di un incendio di grosse proporzioni a Londra nel 2003. Vicky riusci a sopravvivere ma rimase con il 33% del suo corpo coperto da bruciature irreversibili.
Sacha Polak, senza mai cadere nel melodramma, con un’estetica al neon, mantenendo un ritmo accattivante e mai frenetico (permettendo così di catturare tutte le sofferenze morali e fisiche della protagonista), mette in luce tutte le difficoltà di una donna come Jade (madre e figlia, oltre che donna), interpretata magnificamente dall’attrice sopra citata, costretta a lottare, senza una guida vera, in un nuovo mondo immerso nell’ignoranza e nell’ipocrisia nei confronti delle vittime da vitrolage. 
Se da una parte alcune forze inaspettate affiorano, altre però finiscono per svanire, mostrando debolezze nate proprio per recuperare quell’aspetto fisico precedente. 
Titolo quanto mai calzante (sarebbe bello vederlo tradotto in italiano) per raccontare una storia triste costellata da eventi catastrofici a cascate, per la serie ‘se le cose vanno male, tranquilli ….. posso anche peggiorare’! 
Un film forte, doloroso che racchiude un’impotenza sofferente, destinando lo spettatore a numerose riflessioni e analisi di un dramma di proporzioni mondiali (ved. Il potentissimo documentario SAVING FACE di Daniel Junge & Sharmeen Obaid-Chinoy) purtroppo ancora poco conosciuto, in particolare per quanto concerne il dramma personale, umano e più intimo della vittime! VALUTAZIONE 3,5/5

H.E.