DYLDA (BEANPOLE) del 2019 di Kantemir Balagov

Il secondo lungometraggio di Kantemir Balagov, dopo il sorprendente ed amarissimo ‘Tesnota’ del 2017 (ma uscito in Italia solo quest’anno), è un ‘disturbing drama’ potente e glaciale contro la guerra, forte quasi quanto il leggendario film sovietico COME AND SEE (Va’ e vedi). Dal capolavoro di Elem Klimov questo si differenzia dalla particolare costruzione distruttiva delle sue protagoniste, mostrata solo nella fase post bellica, al contrario dalla parabola vissuta dall’ingenuo Florya, che lo trasforma in maniera indelebile a guerra finita proprio come le due donne al centro di questa storia emotivamente massacrante. Una storia che non lesina critiche severe al comunismo ed alla sua concezione di vittoria ad ogni costo, costretto a fare i conti con i danni causati non solo dai nazisti ma dalle stesse politiche rosse, abilmente raccontate con il contagocce e fatte detonare al momento giusto nella seconda parte di questa poderosa pellicola.
Leningrado, 1945. La guerra è finita da poche settimane ma le ferite e crepe, nei soldati e nella popolazione dell’attuale San Pietroburgo fanno fatica a cicatrizzarsi e guarire. In particolare in quelle di Iya, soprannominata ‘Spilungona’ per la sua altezza e che soffre di attacchi di panico post bellici che le causano paralisi improvvisi, e di Masha, una ex ragazza di conforto per l’esercito russo, reduce dal fronte e divenuta sterile a causa degli eccessivi aborti. Le due custodiscono un segreto. Il bambino che Iya spaccia per suo figlio è in realtà di Masha. Quando Iya uccide il bambino durante una delle sua paralisi improvvise, deve rimediare alla perdita rimanendo incinta per dare un nuovo figlio all’amica amante. la quale ha iniziato da poco a lavorare con lei nell’ospedale militare della città, dove tra reduci, compagni arrivisti e bavosi dottori, la guerra non sembra per nulla finita ………
Ispirato al libro “The Unwomanly Face of War” di Svetlana Alexievich e forte di una fotografia opprimente (quasi fosse una ‘favola della morte’), basata principalmente su tre colori, giallo, verde e rosso, questo film mostra uno dei lati peggiori della guerra, ovvero gli sciacalli e le bruttezze di chi ha ottenuto potere e di chi ha sacrificato la propria vita in nome di non si sa bene cosa, considerato che quello che gli rimane assomiglia di più ad una morte silenziosa che ad una vita felice che profuma di vittoria.
Stupri, violenze, omicidi, suicidi assistiti, aborti, infanticidi e altri abomini vengono mostrati in maniera dolorosa e sofferente da lasciare senza più volte senza fiato, in netto contrasto i brindisi falsi e ipocriti di salvezza e felicità, dei compagni potenti, per una guerra che ha visto, come scopriremo nel corso della pellicola, lati oscuri anche nelle proprie fila e da chi riteneva amici.
Straordinarie le due giovani donne protagoniste (due attrici al loro debutto assoluto in un film), così diverse ma accomunate da un destino fatale che finirà per trasformare la paura in amicizia prima ed in amore clandestino poi, non privo però di sofferenze figlie di una vita, vera, finita proprio con la fine della guerra. Una privazione assoluta di un futuro nebuloso ed in linea con i scarsi colori (tre in tutto, come scritto sopra) imposti da un regime che non esita a dare il colpo di grazia a chi ha dato tutto per al patria ma non serve più alla causa.
Un film storico estremante politico e critico (proprio come il succitato TESNOTA) nei confronti della storia della Russia bellica ed immediatamente post bellica, abile nel nascondere la merda sotto il tappeto, finendo però per farla puzzare ancora di più, come dimostrerà la storia della seconda metà del secolo scorso.
Film impressionante, per visioni estetiche ed intensità nei contenuti drammatico-politici, ad opera di un giovane regista russo, classe 1991, destinato ad un futuro cinematografico sicuramente luminoso! Filmone vero! VALUTAZIONE 4,5/5

H.E.