FAUST (Lekce Faust) del 1994 di Jan Švankmajer

Se la logica nelle opere di Jan Švankmajer spesso non esiste, l’assurdo più anarchico ne diventa la forza trainante. Esempio lampante il secondo lungometraggio del regista Ceco, ispirato all’omonima opera di Goethe e ricco di tutta la vulcanica creatività di un autore unico e inimitabile per stile, narrazione e ritmo vertiginoso. Praga. Un uomo, incuriosito da una strana mappa, viene attirato in un sinistro teatro di marionette. Questo si ritrova immerso in una versione indescrivibilmente strana dello spettacolo, dove attori e marionette si mescolano in continuazione, mentre viene messa in scena la vendita dell’anima al diavolo attraverso un percorso irreale e privo di logica alcuna ….. Dopo una quantità di cortometraggi e l’ottimo film d’esordio ALICE, un rivisitazione tutta personale di ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE, Švankmajer continua la propria strada artistica fatta di creatività esasperata e mai banale, attingendo a piene mani dall’animazione in stop motion e finendo per creare sovrapposizioni corporee, quasi body horror, con uomini che diventano marionette giganti e viceversa. Oltre a tutto ciò, la costante alterazione spazio temporale finirà per fare da cornice alla storyline principale, solo ispirata al dramma sopra sitato in quanto libera da paletti narrativi ben definiti e del tutto personale, per evoluzione e ritmo. Quale luogo migliore di una Praga misteriosa, fatta di vicoli stretti, personaggi buffi e ambientazioni surreali, per avvolgere al meglio il Faust ceco, un uomo desideroso di vendere l’anima al diavolo in cambio del piacere infinito e poteri illimitati. Se la prima parte serve per presentare l’opera teatrale e l’incontro tra Fuast e Mefistofele, la seconda si tramuterà in qualcosa di veramente indefinibile, folle e grottesca a livelli inimmaginabili, con una continua fusione tra realtà ed illusione, che porterà il nostro protagonista a conoscere il piacere carnale fittizio prima e la consapevolezza di un inevitabile epilogo amaro, quanto crudele poi, figlio di un desiderio di illusoria immortalità e piacere infinito. Il finale, lontano dal dramma originale, finirà per creare un cerchio narrativo di quanto visionato, alimentando ancora di più il weird folle presente sin dai primi minuti. Epiche le scene in claymation e con le marionette in grandezza naturale, destinate a divertire ed inquietare allo stesso momento, in quanto se per buona parte la pellicola naviga su terreni consoni all’ironia bizzarra, il profumo di zolfo e horror gotico è onnipresente. Il caso porterà la scomparsa dell’attore principale, che interpretata Faust, proprio alla fine delle riprese di questo film. Uno ‘scherzo’ del destino assai beffardo. FAUST, come quasi tutte le opere del genio Švankmajer, è un’esperienza visiva travolgente, impazzita e piacevolmente nervosa, dove la storia principale è piegata e sottomessa da quella estetica e creativa. Un grande film weird e d’animazione estrema, opera di un genio assoluto prestato al cinema! VALUTAZIONE 4/5

H.E.

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