PUSHER II (2004) di Nicolas Winding Refn


‘Non lo so. Qualcuno dice che ho problemi nel ricordarmi le cose’ ….. ‘Chi l’ha detto?’ …… ‘Non me lo ricordo’ …..
A causa dell’insuccesso commerciale (immeritato) degli ottimi “Bleeder” e “Fear X”, Refn torna alle origini e crea un sequel di quel “Pusher” dell’esordio, che lo fece conoscere al grande pubblico.
Doveva essere una mera operazione commerciale e, invece, Refn sorprende tutti scrivendo e dirigendo un sequel/spin-off superiore all’originale, stavolta col grande Mads Mikkelsen come assoluto protagonista.
Sebbene il titolo faccia riferimento ai loschi traffici di droga portati avanti dai vari personaggi, il vero tema principale della pellicola è la “paternità”, espressa proprio attraverso il difficile rapporto tra Tonny (Mikkelsen) e suo padre (Leif Sylvester Petersen), un burbero boss di Copenhagen, e di riflesso dal tentativo di Tonny stesso di responsabilizzarsi per cercare di prendersi cura di suo figlio appena nato.<br>Il film passa così dal noir gangsteristico al dramma intimista, che vira prepotentemente verso il dramma “Shakespeariano”.
A distanza di otto anni dal primo capitolo, Refn ha affinato la sua tecnica (cosa già ampiamente dimostrata in “Fear X”) e la mette al servizio della sua costruzione dell’immagine: si nota subito la padronanza con la quale il regista utilizza con più criterio gli spazi, dettagliandoli concretamente e sfruttandoli scenograficamente.
Inoltre utilizza egregiamente i piani sequenza e la fotografia, con un uso calibrato delle luci, che prediligono colori come il rosso, il verde e il giallo, e con dei movimenti della macchina a mano maggiormente fluidi.
Refn segue costantemente il suo protagonista con una macchina a mano in tutte le sue disavventure e unisce una tecnica elegantemente frammentaria a una messinscena rigorosa.
Refn, per di più, ha avuto l’acume di unire sapientemente il cinema sociale al cinema di genere, mostrandoci una Copenaghen sporca, lurida e spietata, abitata da una serie di personaggi gretti e viscidi.
Su tutti spicca, chiaramente, un fenomenale Mads Mikkelsen che riesce ad incarnare alla perfezione un povero “vorrei ma non posso” dallo sguardo vacuo, vittima non solo di chi lo circonda, ma soprattutto delle circostanze avverse che lo schiacciano senza sosta e senza che riesca né a prevederle né a comprenderne la reale gravità.
Refn firma un film meraviglioso, stavolta puntando tutto sull’introspezione del protagonista, descrivendo con pochissime parole ma tanti significati sguardi, il suo animo turbato e rancoroso, ma profondamente desideroso di conferme e di un giusto rispetto; una ricerca più specifica di un suo posto nel mondo ….. <<Respect>> VALUTAZIONE 4/5 Review by Raffaele Costanzo