In un periodo di vacche magre del cinema italiano, dove continuano ad imperversare film natalizi deliranti o pseudo opere comiche che finiscono per causare conati di vomito al posto dei sorrisi, qualcuno ha coraggio e forza per raccontare storie italiane vere e realmente accadute. Storie di cronaca nera oscure, scomode, poco chiare e difficili da digerire per i diretti interessati e non solo.
Dopo documentari difficili da vedere ma assolutamente necessari, come ’87 ORE – Gli ultimi giorni di Francesco Mastrogiovanni’ di Costanza Quatriglio e ‘E’ STATO MORTO UN RAGAZZO’ di Filippo Vendemmiati, Cremonini sceglie di raccontare con un film vero e proprio una storia cupa della nostra storia italiana recente, e similare per certi aspetti ai due documentari sopra citati.
Roma, ottobre 2009. Stefano Cucchi, un giovane di 31 anni, viene arrestato da una pattuglia di carabinieri, in quanto viene trovato in possesso di alcune dosi di hashish e cocaina, e portato in caserma. Da li in poi inizierà un calvario di sette lunghissimi giorni tra carceri e ospedali detentivi per Stefano, il quale, a seguito di ematomi letali, causati misteriosamente la prima notte in caserma, finiranno per causarne una lenta ed agonizzante morte …….
Film scarno, privo di luce ed essenziale, in linea con quanto narrato, dove si predilige mostrare una sofferenza umana, assurda ed impotente, che pervade fisicamente il protagonista e logora moralmente, mortificando con un’ingiustizia devastante, i parenti della vittima. Perché tale appare la storia di Stefano Cucchi nel film, pur non mostrando (mossa intelligente) il pestaggio subito. L’attenzione nei particolari da parte del regista e dell’attore Alessandro Borghi, che interpreta nei limiti del possibile il povero Stefano, è maniacale e si evince dal confronto raggelante tra la voce originale di Stefano (si trova facilmente anche online) e la sua nel film. Una prova, quella di Borghi, impressionante, che non sfigura affatto con le migliori interpretazioni drammatiche del nostro cinema degli anni d’oro. Per quanto concerne i fatti reali vanno considerati gli atti processuali, i quali sono riportati giustamente nei titoli di coda, affiancati da una sequenza audio che t’ammazza il cuore definitivamente. Di chi è la colpa di tutto questo? Se il dito va puntato sui presunti colpevoli o, in maniera superficiale, sul sistema che li circonda, qualcosa di più oscuro va ricercato nelle persone che hanno incontrato e conosciuti Stefano in quei terribili ed interminabili sette giorni. Dove nessuno si assume un minimo di responsabilità e finisce per preoccuparsi di non esserlo mai. Un male italiano che nei sistemi giudiziari e sanitari, come accade nel film imperversa in maniera sconcertante da sempre. Ed è proprio questo il capolavoro del film, il risveglio obbligato di una coscienza collettiva incapace di svegliarsi e di ammettere la propria incompetenza e cecità, anche quando di fronte, ed in maniera palese, un’ingiustizia evidente si mostra senza dubbio alcuno.
SULLA MIA PELLE rappresenta quindi un risveglio totale, sulla nostra coscienza e anche sul nostro cinema, troppo preoccupato a raccontare storie sentimentali da mulino bianco o ‘commediole’ infarcite di luoghi comuni. La storia italiana, recente e passata, soprattutto quella scomoda, deve essere raccontata di più e senza sconti. Se racconti dolorosi e vergognosi come quello di Cucchi sono mostrati con tale maestria e capacità, saremo tutti delle persone migliori e cinefili orgogliosi del nostro cinema, come lo eravamo nel secolo scorso. Filmone disturbante italiano da applausi ….. finalmente! VALUTAZIONE 9/10
H.E.