“E mentre lui si irrigidisce in scultura tutto ciò che è stato segnato da un nome svanisce, solo un arcaico torso resta di lui, in un materiale pietrificato in scultura, senza nome…” Punta di diamante del cinema grottesco ungherese targato György Pálfi, uno degli autori estremi e bizzarri più brillanti degli anni zero, questo TAXIDERMIA è un film che racchiude molteplici analisi sull’uomo, attraverso tre fasi ben distinte (nascita, maturità e morte), sulla storia (seconda guerra mondiale, dittatura comunista, post caduta della cortina di ferro) ed infine sulla natura umana, mossa da istinti primordiali come il sesso, l’appetito estremo e la consapevolezza dei propri limiti. Tre storie legate tra loro da un rapporto generazionale, complesso, non sempre ereditario ma figlio dell’adulterio, ambientate in tre decenni differenti in Ungheria: anni ’40, anni ’60 e anni ’90. Si inizia nei primi anni ’40, durante la seconda guerra mondiale. In un avamposto strampalato, ai limiti del surreale, seguiamo le vicende del soldato Morosgoványi Vendel, un erotomane infiammato che vive sotto le rigide regole del suo unico superiore Öreg Kálmán, marito di una donna corpulenta che anima, assieme alla carne di un maiale macellato e delle figlie della stessa, le notti gelide del soldato semplice. Tra sogni erotici di sodomia e realtà disgustosa, la donna rimane incinta di un …. bambino ‘speciale’. Passano gli anni e quel bambino, Balatony Kálmán, è diventato uno dei massimi competitori di abbuffata sportiva, disciplina tra le più in voga nel blocco comunista e che a breve potrebbe divenire anche disciplina olimpica riconosciuta dal CIO. Dopo un attacco di cuore durante un’agguerrita gara, Balatony Kálmán si innamora di Aczél Gizi, una donna corpulenta come lui e tra le ‘star’ ungheresi femminili nella medesima competizione sportiva del suo futuro marito. Tra nuovi allenamenti, costituiti sempre da abbuffate esagerate e conseguenti conati di vomito, Aczél Gizi, che non esista a fornicare con altri uomini tra i quali un collega massiccio di suo marito, rimane incinta e dà alla luce Balatony Lajoska, secondo il padre una nuova promessa futura per lo sport agonistico da lui praticato. Passano gli anni e, caduto il regime comunista anche in Ungheria, troviamo Balatony Lajoska e suo padre, il quale ha superato abbondantemente la mezza tonnellata di peso, convivere sotto lo stesso tetto. Balatony Lajoska, fisicamente l’opposto del genitore obeso, è divenuto un tassidermista e aiuta il padre, incapace di muoversi, a sopravvivere. Questo però, invece di ringraziare il figlio per i suoi servizi, tra i quali vi è l’allevamento di gatti ingigantiti da competizione (per abbuffate esagerate ovviamente), non perde l’occasione per umiliare il figlio e rivendicare i suoi giorni di gloria, opponendoli alla misera vita del rachitico figlio …….Tratto parzialmente da un racconto dello scrittore ungherese Lajos Parti Nagy, TAXIDERMIA è senza dubbio uno degli apici del genere cinematografico grottesco, dove l’eccesso e l’esagerazione animano le gesta folli dei suoi bizzarri protagonisti, senza per forza di cose seguire un filo logico. Se tutto avviene in un mondo quasi parallelo al nostro, György Pálfi non esita a puntare il dito contro la dittatura sovietica e la sua influenza pesante sulla politica ungherese nel dopo guerra (non a caso, i russi durante la gara nella mangiatoia devono vincere sempre), vista però con nostalgia una volta finita solo da chi ne ha beneficiato come il nostro gigante Balatony Kálmán (il quale non esitava a corrompere i compagni medici per modificare l’esito medico della moglie). Nella scala dei valori del grottesco, il film ha una continua crescita esponenziale. Se nel primo capitolo siamo testimoni di un eccesso di erotismo selvaggio e assurdo regime militare, e nel secondo assistiamo allucinati a competizioni sportive surreali (allenamenti compresi) che mescolano abbuffate e vomito, nel terzo e ultimo capitolo siamo al cospetto di un assoluto capolavoro dell’estremo. L’ingombrante (in tutti i sensi) presenza di un padre che non esita a disconoscere il proprio figlio, frustrato anche da un’invisibilità da parte del genere femminile, confluirà in un finale epico, di pura arte estetica, triste ed emblematico su quanto visionato durante i 90 minuti precedenti. Un’opera d’arte, quella finale, figlia delle conseguenze delle azioni estreme subite da György Pálfi non solo dal padre ma anche da decenni di politica repressiva sulla creatività e sul libero pensiero (un taglio simboleggiato al meglio da quell’amputazione finale della testa). TAXIDERMIA è uno dei film di genere estremo più riusciti di sempre, figlio di tutto quel cinema orientale più bizzarro ma anche di opere occidentali che hanno fatto dell’unione tra sesso e cibo la loro forza (‘La Grande Abbuffata’ di Marco Ferreri e soprattutto ‘The Cook, the Thief, His Wife and Her Lover’ di Peter Greenaway, con il quale questo film condivide un finale similare ed altrettanto agghiacciante). Disgustosamente spettacolare!! VALUTAZIONE 5/5
H.E.
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