AMERICAN HISTORY X (1998) di Tony Kaye

USA unito alla parola razzismo rappresenta un connubio imprescindibile e unico nel panorama mondiale. Se nel 2020, già nefasto di suo, la ‘questione razziale’ ha nuovamente visto gettare benzina sul fuoco, le origini di tutto ciò sono lontane nel tempo (ved. il favoloso ADDIO, ZIO TOM dei nostrani Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi) e hanno trovato nel secolo scorso nuova linfa per rinvigorirsi nelle fila del ‘white power’ nell’ascesa del nazi-fascismo in Europa dagli anni ’20 in poi. Nel dopoguerra questo male ha visto crescere fino ad esplodere in atti terroristici distruttivi (come quello di Oklahoma City, il secondo più estremo nel suolo americano dopo quello dell’11 settembre) attraverso organizzazioni di suprematisti bianchi e neo nazisti. Tony Kaye, regista poco prolifico ma autore di documentari incisivi come LAKE OF FIRE, fotografa questo fenomeno socio-politico in maniera esemplare, mettendo in luce un percorso estremo salvifico attraverso la redenzione di un giovane Skinhead neo nazista. la salvezza però, quando si scelgono strade estreme come questa, non sarà indolore e pacifica, in quanto il ‘nemico’ quasi mai porge l’altra guancia.
Derek Vineyard viene rilasciato dopo aver scontato 3 anni di carcere per aver ucciso due delinquenti di colore che hanno tentato di rubare la sua auto. Derek, prima di essere incarcerato, era uno skinhead nell’ambiente neo nazista della sua zona. Uscito dal carcere però è cambiato. Tutto ciò in cui credeva sembra essere solo un pallido ricordo ma uscire dal gruppo non sarà così facile. Da una parte il suo vecchio gruppo di neo nazisti lo assetta a braccia aperte per promuoverlo come nuovo leader, dall’altra vi è il fratello minore Danny, il quale è deciso a seguire le sue orme. Per convincerlo a cambiare il proprio destino, Derek racconterà al fratello minore l’esperienza del carcere e cosa lo ha portato a considerare tutto ciò in cui credeva come un mucchio di stronzate ……
Tony Kaye mette sui binari più congeniali questo dramma socio, politico e familiare, attraverso la voce narrante del fratello di Derek. Questo costretto dal suo preside (di colore ed ex insegnate del fratello Derek) a riscrivere una nuova tesi, dal titolo AMERICAN HISTORY X, dopo aver cestinato la precedente basta sulla bibbia del nazionalsocialismo, il MEIN KAMPF di Adolf Hitler. Un percorso di analisi che va di pari passo con la doppia narrazione, passato (rigorosamente in bianco e nero) e presente (a colori) destinato a evidenziare le influenze negative (il padre, ex poliziotto morto in una sparatoria e il mentore Cameron, figura intellettuale di spicco dei neo nazisti locali) che hanno portato Derek a intraprendere una strada di violenza e odio razziale estremo nei confronti di etnie diverse dalla sua. Non ci sarà nessuna eccezione per ebrei, coreani, messicani o neri. Quest’ultimi (nella figura positiva di un giovane carcerato) saranno prima odiati ma poi finiranno, una volta che sarà costretto a conviverci giorno dopo giorno, cambiare la visione di Derek sugli altri e perfino sulla propria famiglia. Se la violenza fisica è onnipresente nel corso della pellicola (dalla scena spacca mascella, entrata di diritto nella storia del cinema più estremo, a quella della doccia in carcere fino a quella finale), sarà quella psicologica a segnare pesantemente lo spettatore, attraverso scontri verbali accesissimi (significativi i due a tavola, con il compagno della madre prima e con il padre poi), rapporti logoranti tra i vari protagonisti primari e secondari, analisi lucidissime sulla povertà dei valori neo nazisti e sulle amare influenze negative che porteranno prima Derek e poi Danny a toccare il fondo. Quest’ultimo nel quale sguazzano anche chi desidera vendicarsi dei torti subiti o di chi si trova dall’altra parte della barricata (la macchina che sfiora Derek nel finale è anch’essa emblema di questo male sinistro che attraversa l’America più povera e priva di sogni per il futuro).
AMERICAN HISTORY X è un film che fotografa uno stato, gli USA, destinato a convivere con un malessere impossibile da estirpare e destinato a riproporsi sempre alla prima occasione. Uno specchio inevitabile di un male incurabile sopravvissuto nei secoli e sotto qualsiasi presidente (anche se amplificato dal alcuni rispetto ad altri). Per ultima (ma non per importanza) va elogiata la prova stratosferica (forse la migliore della sua carriera) di Edward Norton nei panni di Derek, ottimo nell’amplificare i due volti di un uomo gettato nella mischia, o meglio merda, consapevole però (una volta toccato il fondo) di quanto rischioso sia seguire certi ideali deleteri e distruttivi.
Una storia americana, basata sulla retorica di strada e sull’ignoranza più becera, purtroppo …. sempreverde! VALUTAZIONE 5/5

H.E.

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