CONVERSATIONS WITH A KILLER: THE TED BUNDY TAPES (2019) di Joe Berlinger





ATT.NE CONTIENE SPOILER
Ted Bundy (Theodore Robert Bundy il suo nome completo), a distanza di 30 anni dalla sua morte (avvenuta sulla sedia elettrica il 24 gennaio del 1989), torna prepotentemente a far parlare di sé e della sua macabra storia criminale. Merito e colpa sono da attribuire a Joe Berlinger (curiosamente alla regia anche dell’imminente film dedicato al celebre serial killer con Zac Efron protagonista), autore di questa docu serie targata Netflix e regista avvezzo ai docu-crime di qualità (la poderosa trilogia ‘Paradise Lost’ ma non solo) e del giornalista scrittore Stephen G. Michaud. Quest’ultimo, grazie all’aiuto del collega Hugh Aynesworth, iniziò ad intervistare per anni Ted, a partire dal 1977 fino agli ultimi anni in carcere, accumulando materiale audio di quasi cento ore e finendo per riportare tutto nel suo romanzo ‘Conversations with a Killer’ uscito nel 1989, l’anno dell’esecuzione di Bundy.<br>235 minuti suddivisi in quattro episodi (“Handsome Devil”, “One of Us”, “Not My Turn to Watch Him” e “Burn Bundy Burn”) che ricostruiscono fedelmente e perfettamente la vita criminale (e non solo) del sadico sociopatico del Vermont. 
Dopo un’introduzione fondamentale (utile per chi non conosce la storia di questo diavolo in carne ed ossa) da parte di Stephen G. Michaud e Hugh Aynesworth in merito al progetto oggetto di questo documentario, inizieremo a seguire parallelamente le interviste a Ted Bundy in carcere (in quale mai ammise in quasi cento ore di interviste le proprie colpe o confessando apertamente gli oltre trenta omicidi attribuitagli) alla vita di Ted sin dall’infanzia (dove alcune importanti rivelazioni sul suo passato saranno sapientemente dosate lungo il corso delle serie) per affrontare in maniera decisa, a partire da metà del primo episodio, la cronaca nera afferente le prime ragazze scomparse nel 1974 nell’Università di Washington a Seattle. Il numero di ragazze scomparse, da lì in poi, sarà destinato a crescere esponenzialmente in diversi stati del nord ovest americano. Belringer, in maniera intelligente ed estremamente accattivante, coniugherà video originali, interviste agli allora detective della polizia (dei diversi stati americani teatro delle misteriose scomparse di ragazze, sempre carine e di età compresa tra i 18 ed i 21 anni), le interviste registrate da Michaud e Aynesworth e la vita di Ted nei primi anni ’70. Quest’ultima sarà fondamentale per carpire al meglio la controversa e molteplice personalità di Bundy. Il quale appariva all’età di vent’anni come uno studente di legge in rampa di lancio, un ragazzo impeccabile agli occhi di tutti (esclusi alcuni che lo conoscevano profondamente, come amici o conoscenti), dall’aspetto vincente ed intrigante ma portatore di un male assoluto e destinato a sfociare in qualcosa di terribile e maledettamente sofisticato. Dalla prima cattura (ebbene sì, ci saranno fughe pirotecniche e kafkiane) al primo processo (a cavallo tra il secondo ed il terzo episodio della serie) finiremo per inoltrarci sempre più sul mondo perverso, violento e scioccante del camaleontico Bundy, affiancati sempre per l’occasione dalle registrazioni sopra citate, che finiranno per seguire una corretta cronologia degli eventi narrati e che sfoceranno nella parte finale (seconda parte del secondo episodio e quella più corposa presente nel quarto) nei celebri processi di fine anni ’70 in Florida (la seconda fuga lo porterà in Florida, dove sarà incriminato per tre delitti) a carico di Bundy. I primi processi ripresi in diretta dalla televisione che vedranno lo stesso Ted difendersi da solo, in una seria di dibattiti processuali ai confini della realtà, dove i deliri di onnipotenza e auto mistificazione di Bundy prenderanno il sopravvento. Una serie di dibattiti processuali che metteranno in risalto per la priva volta negli USA la figura del serial killer, destinati a creare inquietudine per gli efferati omicidi oggetto del processo (ragazze inermi massacrate mentre dormivano in un campus) ma anche un fascino inquietante subito (e osannato a dismisura) da centinaia di ragazze per la figura di Ted Bundy. La parte finale sarà dedicata agli anni ’80, che lo vedranno per dieci anni detenuto nel braccio della morte, dalle ultime registrazioni da parte dei due giornalisti sopra citati (geniali nel far parlare Ted in terza persona) alle interviste da parte dell’FBI, la quale mai prima di allora aveva avuto la possibilità di confrontarsi con un assassino seriale di questa portata, per finire poi al delirio di massa che circondò l’esecuzione finale (la quale darà il titolo al macabro titolo dell’ultimo episodio della serie “Burn Bundy Burn”). Se il documentario ha sempre messo al centro della storia narrata la figura carismatica e diabolica di Ted, le ‘parti’ estreme non sono state lesinate. Dalle macabre foto dei corpi (e scheletri) ritrovati delle ragazze massacrate e violentate da Bundy agli aneddoti raccapriccianti afferenti la necrofilia ai danni dei corpi mutilati e decapitati delle sue vittime, al racconto della ragazza testimone ed unica ad essere sfuggita dalle grinfie di Ted, per finire poi alle ultimissime rivelazioni da parte dello stesso poco prima della sua esecuzione. In conclusione ‘CONVERSATIONS WITH A KILLER: The Ted Bundy Tapes’ è una docu serie realizzata a regola d’arte, graffiante, dettagliata all’inverosimile e che aumenta d’interesse con l’avanzare della narrazione, dove gli intrecci tra passato, presente (le interviste ai protagonisti della caccia, catture e processi di Ted) e futuro (avrà una figlia avuta da un’amica quando era in carcere), finiranno per costruire e delineare al meglio una figura criminale unica nel panorama americano del secolo scorso, destinata ad influenzare la criminologia, la letteratura e ovviamente il cinema crime degli ultimi 30/40 anni. Ottima! VALUTAZIONE 9,5/10

H.E.