Un originale horror indie americano, che narra di una comunità rurale ai margini della società, devota al culto di un pozzo… uhm, “vivente”, abitato comunque da qualcosa di minaccioso e potente. Questa entità assicura l’esistenza e la salute dei membri della comunità, salvo pretendere periodicamente dei sacrifici umani in cambio. I cui prescelti vengono individuati in base alle fattezze del “jug face” (letteralmente, “brocca a forma di faccia”), elaborato su ispirazione dell’entità da Dawai (un ottimo Sean Bridgers), sorta di “idiot savant”/sciamano della comunità. In questa cornice tutto procede tranquillamente, tra una caccia all’opossum e una gola squarciata. Almeno sin quando la giovane Ada (la sempre favolosa Lauren Ashley Carter), scopertasi prossima candidata al sacrificio, per salvare sé stessa e il suo futuro figliolo (che è già un problemino in quanto frutto di un incesto con il fratello…) decide di nascondere la “jug face” che la ritrae… Film interessante, che dipinge una realtà “pagana” e marginale senz’altro affascinante. Tecnicamente funziona tutto bene: sceneggiatura, regia, recitazione vanno alla grande. Un plauso particolare alla protagonista, che avevo già apprezzato nel Darling di Mickey Keating (2015), e che è anche la principale ragione che mi ha condotto a questo film. Sempre come in Darling, anche qui c’è Sean Young, celeberrima nel ruolo della replicante Rachel di Blade Runner, in una parte ben più lunga e complessa rispetto al ruolo avuto nel film di Keating (è la madre stronza di Ada). Delude un po’ l’aspetto horror: il film è inquietante, promette bene ma non decolla mai. Ti aspetti un sacco da quel pozzo, ma alla fine… beh, non vi dico nulla, ma non fatevi troppe speranze. Il finale è piuttosto meh. Stringendo il cappio, film senz’altro interessante e originale, con performance attoriali di rilievo e ottime invenzioni, che però poteva osare molto di più. VALUTAZIONE 7,5/10
Review by Alessandro Bruzzone