KIMI (2022) di Steven Soderbergh

Steven Soderbergh, uno dei registi più versatili e duttili della nostra epoca, torna, dopo quattro anni, alle atmosfere paranoiche di UNSANE. Quale cornice migliore del nuovo mondo contemporaneo condizionato dal COVID 19, tra lockdown e asocialità imposta, per raccontare quanto l’universo tecnologico attuale sembra realizzato su misura per affrontare questo complesso sistema sociale e comportamentale, sempre più lontano dalla realtà e vicino al virtuale. Seattle, nel mezzo della pandemia di COVID-19. Un operatrice tecnologica, Angela, affetta da agorafobia, scopre le prove di un crimine violento mentre esamina un flusso di dati online. Incontra un’insolita resistenza e burocrazia quando prova a segnalarlo alla sua azienda. L’unica maniera per segnalare tale crimine, è combattere contro le su e fobie e avventurarsi nel mondo esterno …. Scelta quanto mai azzeccata quella dell’attrice Zoë Kravitz per interpretare una figura paranoica e super complessata, i motivo lo scopriremo strada facendo nel corso della pellicola, come quella della protagonista Angela. Questa tra difficili rapporti personali con i vicini e la madre, troverà nell’assistente personale Kimi, intelligente e artificiale, forse l’unica certezza per affrontare nuove e vecchie paure. L’importanza di Kimi, la quale fornirà anche il titolo alla pellicola, lo scopriremo sin da subito, in quanto la figura inizialmente secondaria diventerà primaria e si intreccerà decisa con la ricerca di Angela per scoprire e denunciare un’orribile quanto scomoda verità, Se temi come il ‘grande fratello virtuale’ e l’inevitabile dipendenza dalla tecnologia sono stati amplificati begli ultimi due anni a causa della pandemia, questi diventeranno contesto, anche e soprattutto fisico, quasi imprescindibile per presentare al meglio questo thriller psicologico, dove complotti, spionaggio industriale e viscidi ricatti finiranno per regalare ritmo e sostanza ad una storia di per sé semplice. A reggere il tutto, oltre all’ottima performance della protagonista e una colonna sonora prepotentemente 90s, una regia perfetta, pulita e accademica da parte di Soderbergh, perfettamente a suo agio in luoghi asettici e con personaggi disorientati, disturbati e affetti dall’inquietudine più estrema. Pur non rappresentando nulla di nuovo sotto il sole, Soderbergh ci regala un thriller solido quanto triste specchio dei nostri tempi, dalla struttura sociale, narrativa e psicologica per nulla banale, ricca di significati, perlopiù negativi, afferenti l’attuale periodo storico. Niente male!! VALUTAZIONE 3,5/5

H.E.

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