PHILOSOPHY OF A KNIFE (2008) di Andrey Iskanov

Andrey Iskanov, alfiere del cinema underground più estremo proveniente dalla Russia, dopo le visioni caleidoscopiche e lisergiche dei suoi due primi lavori (NAILS e VISION OF SUFFERING), si cimenta in un’opera imponente per durata, ambizione e struttura decisamente articolata. Un docu-horror che, nonostante evidenti difetti figli del low budget, gode di diversi meriti. Primo su tutti portare in evidenza gli orrori e abomini della famigerata Unità 731 (un dipartimento dell’esercito imperiale nipponico che vide la luce tra il 1936 ed il 1946, e luogo nel campo militare Ping Fang, sito a nord della città Harbin in Manciuria, all’epoca sotto la dominazione giapponese), che vide già una sua rappresentazione di finzione nella celebre saga made in Hong Kong ‘Men Behind the Sun’. Secondo punto a suo favore un montaggio che affianca immagini e frammenti video storici e di repertorio a interviste ad un medico russo, che viveva nella città limitrofa all’unità sopra citata, oltre alle ‘splatterose’ ricostruzioni estreme (nei contenuti ma non sempre all’altezza della storia nelle realizzazioni questo ahimè va sottolineato), oltre a ipotetiche pagine di un diario di un’infermiera degli agghiaccianti esperimenti ai danni dei prigionieri del campo di Ping Fang. A rendere incredibile e fuori dal comune quest’opera è sicuramente la sua durata (267 minuti la versione estesa). Si solito tempi così lunghi sono appannaggio di autori ben più solidi di Iskanov. Quattro ore superate abbondantemente e spalmate in un percorso suddiviso nella struttura sopra elencata. Quasi tutta la prima ora tuttavia è dedicata (come l’ultima mezz’ora che chiuderà il cerchio sul triste sull’epilogo della seconda guerra mondiale) ad un’ampia e fondamentale ricostruzione storica che inizia nei primi del ‘900, per giungere poi nel 1935 ed all’allestimento dell’Unità 731 situata nello stato fantoccio di Manchukuo (creato dall’Impero giapponese nel 1932 in collaborazione con gli ufficiali della deposta dinastia Qing) e con a capo il tristemente celebre il generale Shirō Ishii, il quale diede vita al progetto di esperimenti noto come ‘Matura’ (termine usato anche per indicare le cavie umane). Come scopriremo strada facendo i prigionieri furono sottoposti ai peggiori esperimenti: dissezioni prive di anestesia, asportazioni prematura dei feti da donne incinte, test su di loro della peste, vaiolo, pulci e altre armi batteriologiche, test sulla resistenza a temperature di – 40° e scosse elettriche, blatte e insetti vari introdotti dai vari orifizi (vagina compresa), ferite mortali per valutare la resistenza umana, esperimenti bellici, disumani e distruttivi al fine di avere una reale efficacia sulle armi a propria disposizione e valutare la resistenza umana nel campo di battaglia dai propri soldati. Questi e altri aberranti esperimenti vedranno la luce attraverso ricostruzioni spesso discutibili, che troveranno sicuramente il favore degli appassionati di quel cinema horror più artigianale e genuino, anticipando sotto molti aspetti quel genere in voga nei nuovi anni ’10 grazie anche all’italiana Necrostorm, dove gore, frattaglie umane gommose e liquefazioni corporee (rigorosamente in bianco e nero) ci accompagneranno nei sotterranei degli esperimenti più brutali. Attenuati da attori improvvisati (non si capisce se l’unico soldato nipponico rappresenti Ishii, in quanto avrà avuto a malapena vent’anni), dove spiccano diverse ragazze russe (le prigioniere, a parte una sola, non sono cinesi) destinate mestamente alle più ignobili sevizie e raccapriccianti esperimenti. Se alla lunga le torture disumane, spesso ripetitive, finiranno per stancare, la nostra attenzione cadrà sulla misteriosa figura del medico russo. Quest’ultimo, per sua chiara ammissione, non è stato testimone oculare degli esperimenti riprodotti da Iskanov, bensì era uno studente russo che studiava e viveva nella città limitrofa alla lugubre unità 731. Solo alla fine della guerra, lavorando come traduttore per i russi (in quanto conosceva anche il giapponese) venne a conoscenza degli esperimenti diretti da Ishii su prigionieri perlopiù cinesi, preoccupandosi principalmente di attaccare nel finale gli americani e difendere l’operato della Russia (entrato in guerra contro il Giappone solo l’8 agosto 1945, praticamente a guerra finita). Veritiera o meno la sua figura, rimane uno dei frangenti più riusciti e accattivanti dell’intera opera. Un applauso finale va fatto infine all’italiana HOME-MOVIES che attraverso la sua collana SPASMO-VIDEO ha permesso di visionare questa titanica opera completamente sottotitolata in italiano, evitando così di perdere per strada ogni particolare estremo sugli esperimenti e torture visionati. Un’opera, impossibile da visionare in un colpo solo, che finirà anche per annoiare e stancare in alcuni momenti, lasciando solo nel finale qualche spunto per amare riflessioni sulla natura umana, o meglio … disumana. Per chi apprezza l’estremo più becero (anche quando appare un pizzico trash e poco realistico), questo anomalo e feroce docu-horror PHILOSOPHY OF A KNIFE rimane una visione obbligatoria! VALUTAZIONE 3/5

H.E.

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