PUSHER (1996) di Nicolas Winding Refn

Primo capitolo di una trilogia crime unica nel suo genere (tre protagonisti diversi legati tra loro in maniera singolare da amicizie controverse e dallo stesso ambiente urbano e criminale), che segna l’esordio alla regia di uno dei registi più significativi e influenti degli ultimi due decenni, un allora ventiseienne Nicolas Winding Refn.
Copenaghen. Frank è un pusher che sopravvive di piccoli traffici. Quando si presenta l’occasione di piazzare un significativo quantitativo di eroina, per ripianare i debiti con il boss serbo Milo e cercare un futuro vagamente felice con la ‘sua’ ragazza Vic, Frank, aiutato dal suo amico strampalato Tonny, si sforza per concludere l’affare senza incidenti ma ….le cose finiranno in maniera pessima a causa di una retata della polizia. Arrestato, con l’eroina finita in un lago durante la fuga e con Milo che rivuole indietro i soldi concordati (più gli interessi), l’aria di Copenaghen inizia a farsi decisamente pesante ed estremamente pericolosa ……<br>Forte di una accattivante caratterizzazione dei diversi protagonisti principali, di dialoghi tossici e spiccioli quasi tarantiniani (i siparietti con il cibo di Milo, destinati a tornare anche in futuro, sono un vero toccasana per lo spirito), fondamentali per immergere lo spettatore nella quotidianità balorda di Frank e Tonny, PUSHER – L’INIZIO (titolo italiano) mette subito in risalto le qualità di Refn, lontano ancora dai ritmi più silenti e stilisticamente di qualità più eccelsa degli anni 2000, privilegiando un ritmo forsennato e senza respiro.
Alla distanza, dopo aver visionato anche gli altri due capitoli, questo potrebbe risultare il più debole della trilogia Rimane però quella atmosfera sporca e poco incline al sentimentalismo forzato che forse eccede nelle opere successive (anche se più visivamente più estreme), per quanto fondamentali nella presentazione profonda delle personalità di Tonny (un giovanissimo Mads Mikkelsen in questo film) e Milo. Nonostante il primo PUSHER risulti alla fine più grezzo, rimane quello più ‘puro’, eccezionale (per chi le ha vissute anche marginalmente) nel cogliere proprio le difficoltà quotidiane e senza visioni future ben definite di chi sopravvive (e non riuscirà mai ad arricchirsi) spacciando eroina e cocaina mediante piccole dosi o ‘lavorando’ alla giornata.
Ultimo applauso alla prova superlativa di Kim Bodnia nei panni di Frank, il quale conosceremo in maniera approfondita e mai banale lungo il corso della pellicola (è stato in galera, il rapporto freddo con la madre, nessun amico e nemmeno un vero amore), dimostrando una ricerca della perfezione maniacale, nel rappresentare il mondo sporco e squallido dello spaccio danese di strada, nella sceneggiatura da parte di Refn (supportato da Jens Dahl) sin da subito importante. Grande film e finale stupendo, sospeso e privo di speranza alcuna! VALUTAZIONE 4/5

H.E.