LIBERI ARMATI PERICOLOSI (Young, Violent, Dangerous) del 1976 di Romolo Guerrieri

Uno dei polizieschi italiani più violenti, feroci ed estremi è senza dubbio alcuno il frenetico LIBERI ARMATI PERICOLOSI di Romolo Guerrieri, regista avvezzo, come molti dell’epoca, a più generi, dalla commedia al western, dalla fantascienza fino al succitato genere esploso negli anni ’70 grazie a registi come Umberto Lenzi, Enzo G. Castellari e Fernando Di Leo. Proprio quest’ultimo contribuirà alla sceneggiatura di questo film, scritta a sei mani e confezionata a regola d’arte, grazie ad una perfetta caratterizzazione dei personaggi presenti, primari e secondari, sequenze d’azione al cardiopalma, risvolti socio-politici ben delineati e un’evoluzione feroce degli eventi.
Milano. Luis, il Biondo e Giò, sono tre ragazzi appena maggiorenni, ricchi e annoiati, che si sentono trascurati e non amati dai loro ricchi genitori disattenti. I tre si imbarcano in un’improvvisata e insensata combinazione di crimini follia omicida. Rapinano prima una stazione di servizio, poi una banca, ed infine un supermercato, lasciando dietro di loro una scia di sangue. La ragazza di uno di loro, consapevole della loro follia senza senso, aiuta un commissario della polizia per cercare di prenderli prima che il tutto finisca in tragedia …..
Cast stellare, con attori affermati come il sempre ottimo Thomas Milian, nei panni del commissario, e tanti giovani attori che faranno strada, come Eleonora Giorgi (che vedremo anche senza veli) nei panni della fidanzata di Giò, e la prima apparizione cinematografica di Diego Abatantuono, in una piccola parte ma difficile da dimenticare.
Sparatorie selvagge, con annessi brutali e inaspettati omicidi, torture (a due ragazze violentate sfioriamo il BDSM estremo), scie di sangue e sorprendenti scene d’azione on the road, con inseguimenti mozzafiato, permetteranno alla pellicola di non mollare mai la presa sullo spettatore, alzando l’asticella della violenza in modalità ‘Arancia Meccanica’ fino all’ultimo secondo. Se il finale è pessimismo puro (forse la punta di diamante dell’intera pellicola), il senso del film, per dare una spiegazione possibile alle follie nichiliste e senza logica del trio, si può racchiudere in un intenso dialogo tra Lea (la Giorgi) ed il commissario, dove si accusa classe media e società di essere incapaci di ascoltare veramente i giovani dell’epoca. Di contraltare la risposta del commissario sarà lapidaria, semplice e perentoria, dove mette in luce che chi è stato ammazzato dal trio non aveva avuto tempo nemmeno di fiatare.
Un film quasi perfetto, dove appare difficile trovare frangenti banali o situazioni trascinate. Forse lo stile del regista appare fin troppo lineare e alcune figure, come il commissario interpretato da Milian o il ragazzo interpretato da Abatantuono, potevano avere una cornice più ampia e approfondita.
Da notare infine quanto alcuni film usciti solo pochi anni prima, se non mesi, come AMICI MIEI e LA MALA ORDINA, sono stati ampiamente citati e omaggiati nel corso della pellicola.
Meno noto di altri, questo crime italiano merita un posto d’onore nel celebre genere del poliziesco all’italiana, per l’esagerata quantità di violenza estrema mostrata e per i messaggi critici, per nulla velati, alla borghesia ‘per bene’ dell’epoca. Imperdibile!! VALUTAZIONE 4/5

H.E.

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