THE ZONE OF INTEREST (La zona d’Interesse) del 2024 di Jonathan Glazer

Ci sono tematiche, spigolose e disturbanti, come l’olocausto e la Germania nazista, che finiscono per diventare incredibilmente banali quando sono raccontate e descritte sotto il medesimo punto di vista o, peggio ancora, con estrema superficialità e retorica. Un cambio di prospettiva arriva con l’ultima fatica di Jonathan Glazer, regista poco prolifico (quattro film in 24 anni di carriera) e per nostra fortuna mai banale, anche grazie al continuo variare di genere cinematografico. Dal crime grottesco (SEXY BEAST) al drammatico (BIRTH), dalla fantascienza (UNDER THE SKIN) per finire, con quest’opera, al filone storico drammatico.
La fonte d’ispirazione è il romanzo omonimo di Martin Amis, con quest’ultimo venuto a mancare, l’anno scorso, proprio il giorno della prima proiezione ad un festival di questo film.
La trama è semplice quanto letale e corposa. Siamo ad Auschwitz nel 1943. Seguiamo la vita, apparentemente normale e banale, del direttore del campo, Rudolf Höß, e della sua famiglia nell’area di interesse (Interessengebiet in tedesco). Tra banchetti, feste di compleanno e sogni di future vacanze in Italia, il campo di concentramento, lontano pochi metri e diviso da loro da un grande muro, sembra un mondo lontano e insignificante …
Il mostro c’è ma non si vede, anzi, non si deve vedere e nemmeno nominare. Tra ceneri implacabili, il rumore incessante dei forni e delle urla strazianti al di là del muro, il tentacolare ‘problema’ per il terzo reich deve essere risolto ad ogni costo e sempre più velocemente. Chi meglio di un perfetto esecutore come Rudolf Höß, affiancato dalla gelida moglie, per arrivare in fondo alla soluzione finale. Come fosse un grande fratello moderno proiettato al passato, la vita di comandante del campo di concentramento forse più celebre della seconda guerra mondiale, viene mostrata in tutta la sua naturalezza, quasi ci trovassimo al cospetto di un manager industriale preoccupato per il suo lavoro direzionale e per regalare ai suoi figli un presente e futuro roseo e prosperoso. Nel mezzo vizi, come il tradimento, e virtù figlie di una casta privilegiata e superiore anche quando si trova sul ciglio del burrone. A rendere il tutto fuori dall’ordinario una regia originale, che unisce lo stile asettico de IL NASTRO BIANCO di Michael Haneke al drammatico de IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE fino ai documentari più celebri dedicati all’olocausto, come SHOAH, NIGHT AND FOG e GERMAN CONCENTRATION CAMPS FACTUAL SURVEY. Questa volta si riesce a disturbare e far rabbrividire senza mostrare nulla, lasciando quasi tutto all’immaginazione attraverso suoni inquietanti, visioni ai raggi X (uno dei pezzi forti dell’intera pellicola) e colori incredibilmente vivaci e contraddittori con quanto narrato. Forse il film, ha nel finale la sua parte più debole e fin troppo carica di retorica, mostrando un flash forward per nulla in linea con quanto visionato fino ad allora, rischiando così di anestetizzare un disagio perenne che aveva avvolto tutta la storia fino ad allora. Esteticamente superlativo e con delle recitazioni impeccabili, su tutte la moglie di Höß interpretata da una straordinaria Sandra Hüller, LA ZONA D’INTERESSE è un film destinato, pur mancando qualcosa per gridare al capolavoro, a lasciare il segno, non solo nel filone storico afferente l’olocausto e la seconda guerra mondiale. Impossibile non segnalare infine, l’implacabile e significativa metafora delle rose sporche di cenere, simbolo perfetto per sintetizzare al meglio l’anima estrema di questa pellicola amara! VALUTAZIONE 4/5  

H.E.

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